Secondo uno studio recente, l’83% delle aziende cinesi utilizza già l’intelligenza artificiale generativa, superando nettamente gli Stati Uniti (65%) e lasciando indietro la media globale (54%). Dati che parlano da soli e che spiegano la rapidità con cui sta cambiando anche il nostro modo di cercare informazioni online.
Il vecchio schema basato sulle “parole chiave” sembra ormai quasi obsoleto: sempre più utenti si rivolgono ai motori di ricerca come se fossero persone in carne e ossa, formulando domande complesse e aspettandosi risposte contestualizzate. Qui non si parla solo di progresso tecnologico, ma di una trasformazione culturale in atto che costringe i brand a ripensare come “farsi trovare” e raccontarsi.
Per anni ci siamo abituati a “parlare” ai motori di ricerca con stringhe di parole secche ed essenziali. Oggi, invece, stiamo entrando velocemente nel cosiddetto modello “conversazionale”, dove le persone preferiscono porre domande complete che riflettono il linguaggio quotidiano. Così, se prima andavano per la maggiore query come “miglior smartphone fotocamera notte”, oggi la maggior parte degli utenti scriverebbe “Qual è il miglior smartphone per fare foto notturne?”. Un passaggio epocale che su Forbes è stato definito “forse il più grande cambiamento nella storia di Internet”.
In pratica, i motori di ricerca non si limitano più a trovare pagine che contengono i termini che digitiamo, ma diventano veri e propri assistenti intelligenti in grado di comprendere il contesto, interpretare l’intento e restituire risposte già sintetizzate. Per i brand è una rivoluzione: puntare sulle classiche strategie SEO per scalare i risultati ormai non basta. Ecco che quindi la competizione si sposta dal ranking dei link alla capacità di rendere i propri contenuti rilevanti e “AI-ready”, così da essere selezionati e citati direttamente dagli assistenti AI che filtrano l’informazione per l’utente.
In Cina questo modello conversazionale è già parte integrante dell’esperienza digitale quotidiana. Baidu, con il suo Ernie Bot, ma anche piattaforme come WeChat e Douyin, stanno abituando gli utenti a interagire usando un linguaggio naturale, offrendo l’opzione di includere nelle loro domande anche un testo, immagini o input vocali. I vantaggi? Più naturalezza, meno fatica nel formulare la ricerca, risposte più precise e soprattutto la possibilità di instaurare un dialogo iterativo in cui l’utente può chiedere follow-up senza dover riscrivere l’intera query. Se gli utenti più anziani restano in gran parte legati alla logica tradizionale delle keyword, giovani, studenti e professionisti hanno già fatto della “ricerca per domande” il loro strumento principale.
In Europa e negli Stati Uniti la ricerca conversazionale sta evolvendo a un ritmo più cauto. Mentre Google sta sperimentando la sua modalità AI Mode, evoluzione della Search Generative Experience, Microsoft ha già da tempo integrato ChatGPT in Bing. Le risposte delle AI, però, mantengono un’impostazione prevalentemente “enciclopedica”: offrono spiegazioni dettagliate, riepiloghi da più fonti e si presentano quasi come un consulente che raccoglie informazioni.
Di contro, in Cina l’approccio è molto più pratico e orientato all’azione perché, oltre a fornire dati e contesto, viene suggerito all’utente anche dove prenotare o acquistare. Insomma, la ricerca AI in Cina non si ferma alla conoscenza, ma diventa un ponte diretto verso servizi e transazioni.
Per i brand il vero punto di svolta è chiaro. Oggi non è più sufficiente farsi trovare, ma bisogna entrare nella conversazione ed essere parte della risposta che l’utente riceve.
Un esempio: se un utente in Cina chiede “quali sono i brand di orologi colorati e creativi quest’anno?” e un marchio del settore ha pubblicato contenuti ottimizzati e riconosciuti come rilevanti, l’AI lo proporrà direttamente nella risposta, magari accompagnandolo con un link a un mini-shop su WeChat. Questo è ciò che chiamiamo agganciarsi ai flussi conversazionali, ovvero farsi citare nei dialoghi generati dall’AI e diventare parte integrante dell’esperienza dell’utente. Da non sottovalutare poi l’importanza delle menzioni da parte di utenti e media, che vengono interpretate dall’AI come indicatori di credibilità e utilizzate per determinare il posizionamento nei ranking.
Come sottolinea Forbes, i brand devono oggi ottimizzare la propria presenza online non soltanto per gli utenti, ma anche per i bot e gli agenti AI. Ciò significa realizzare siti rapidi da caricare, testi chiari e contenuti che parlino a due pubblici diversi: quello umano e quello “artificiale”.