Think Global, Speak Local: cosa insegnano i successi e i fallimenti dei brand cinesi in Europa

L’arte della comunicazione e della pubblicità localizzata consiste nel parlare al cuore, non solo nel tradurre. Per i brand cinesi che si avventurano in Europa, il successo dipende dalla comprensione dei valori locali, dei gusti estetici e delle esigenze dei consumatori. Quando applicato con intelligenza, questo approccio trasforma il “Made in China” da semplice etichetta a promessa di qualità, innovazione e sintonia culturale. Quando fallisce, rivela un divario tra le intenzioni del marchio e le aspettative locali. Vediamo ora un caso riuscito e uno che, al contrario, rappresenta un'importante lezione da evitare.

MINISO: il caso di successo di un brand cinese

Fondata nel 2013 come start-up familiare a Guangzhou, MINISO nasce all’incrocio tra il minimalismo giapponese e la cultura pop contemporanea. Fin dagli inizi, il brand ha offerto un’ampia gamma di prodotti lifestyle — dalla cancelleria agli articoli per la casa, dai prodotti di bellezza agli accessori tech — pensati per i gusti urbani di Gen Z e millennial. In Cina, MINISO punta su un messaggio energico e giovane. Slogan come “La vita deve essere divertente” e “Le piccole cose belle di ogni giorno, tutte da MINISO” esaltano la gioia e la comodità dello shopping. Il branding visivo cinese è ricco di colori vivaci, mascotte in stile cartoon, espositori che ricordano un’app e promozioni tipo “più compri, più risparmi” su Tmall. La comunicazione digitale si affida a livestream con KOL, mini-programmi su WeChat e storie nella community Red, mantenendo un livello di engagement altamente localizzato.

Al contrario, quando MINISO ha iniziato la sua espansione europea nel 2021, si è posizionata come marchio lifestyle “di ispirazione giapponese”. Il nome stesso, “MINISO”, è stato ideato per evocare un’identità giapponese, sfruttando la credibilità globale di brand come MUJI, Daiso e UNIQLO — particolarmente forte in Europa, dove l’estetica giapponese è sinonimo di qualità e semplicità. Per questo motivo, il nome è rimasto invariato: facile da pronunciare e riconoscibile in qualsiasi lingua. Slogan come “La vita è per divertirsi” e “Utile ma carino” mettono in evidenza sia la funzionalità che l’appeal estetico dei prodotti. I negozi europei adottano layout ordinati, toni pastello e scaffalature strutturate, richiamando l’estetica calma e minimalista di MUJI, perfettamente allineata all’armonia visiva apprezzata dai consumatori europei.

La strategia di comunicazione si basa su collaborazioni con influencer locali, boutique nei distretti commerciali più importanti e pop-up event. Uno dei motivi del successo europeo di MINISO è proprio la combinazione tra lo stile kawaii asiatico e le collaborazioni con franchise della pop culture europea, permettendo al brand di incontrare i gusti locali grazie a partnership strategiche con IP amate (es. Peanuts, We Bare Bears), rendendo ogni lancio di prodotto al contempo familiare e nuovo.

Li-Ning: un caso di errore nella localizzazione

Fondata nel 1990 dall’ex ginnasta olimpico Li Ning, l’azienda omonima è un’affermata realtà cinese nel settore dell’abbigliamento sportivo e delle calzature tecniche. I suoi primi tentativi di entrare nel mercato europeo risalgono al 2010, con una spinta più decisa verso paesi come Germania, Regno Unito e Italia tra il 2012 e il 2015. Tuttavia, il risultato è stato deludente, a causa di diversi errori nella comunicazione localizzata.

Perché il tanto atteso debutto europeo di Li-Ning si è rivelato un flop? È possibile che lo slogan domestico “Anything Is Possible” abbia sortito l’effetto opposto, risultando troppo simile al celebre “Impossible Is Nothing” di Adidas? E puntando fortemente sull’eredità olimpica cinese — un elemento narrativo potente in patria — Li-Ning ha forse sopravvalutato la sua capacità di suscitare emozioni nei mercati stranieri?

Tra gli errori visivi spiccano l’uso di caratteri cinesi non tradotti e immagini di prodotto poco chiare, che non permettevano di capire se il brand si rivolgesse agli atleti professionisti o agli amanti dello streetwear. Che messaggio trasmette una tale ambiguità a un consumatore che deve scegliere tra un marchio europeo ben noto e uno sconosciuto? Senza influencer locali a garantire autenticità o una narrazione coerente per accompagnare il cliente nel percorso d’acquisto, come può un brand emergere in un mercato già saturo? Inoltre, la distribuzione e il retail in Europa erano frammentati. L’assenza di una presenza retail coerente, una strategia e-commerce debole e una disponibilità limitata nei negozi multimarca hanno danneggiato sia la percezione del marchio che l’accessibilità ai prodotti.

Questi errori evidenziano una lezione fondamentale: localizzare non significa semplicemente tradurre. È un atto di empatia culturale, che richiede la volontà di ripensare ogni elemento della campagna e la capacità strategica di lasciarsi guidare dai valori locali per costruire campagne globali efficaci. Man mano che le aziende cinesi continuano a espandersi nei mercati internazionali, solo chi adotterà questo approccio olistico potrà davvero trasformare il significato di “Made in China”, sia in patria che all’estero.

Conclusioni – Le campagne localizzate vincenti richiedono:

  1. Competenza culturale: Oltre la traduzione – contano significato ed emozione.
  2. Segmentazione del pubblico: Ciò che funziona a Parigi può non avere risonanza a Chengdu.
  3. Partnership locali: Influencer, festival, formati retail mirati.
  4. Tono comunicativo: Smussare l’individualismo o esaltare il prestigio: il tono definisce la connessione.
  5. Imparare dai fallimenti: Gli errori nascono spesso da strategie “copia-incolla” prive di adattamento al mercato.

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